11 Lug SETTIMANA LAVORATIVA DA 4 GIORNI: REALTÀ O UTOPIA?
SETTIMANA LAVORATIVA DA 4 GIORNI: REALTÀ O UTOPIA?
Abbiamo già affrontato il tema di come la pandemia abbia rafforzato la ricerca di un nuovo equilibrio tra vita privata e vita professionale.
Sono diversi i cambiamenti che il mondo del lavoro sta registrando: stiamo assistendo a un’accelerazione di fenomeni che, prima dell’avvento del Covid, iniziavano a prendere piede solo timidamente.
Uno su tutti, lo smart working.
Al di là delle incongruenze legislative e formali tutt’oggi esistenti, si è largamente diffuso in Italia anche nelle realtà imprenditoriali più piccole che, fino al 2020, non avevamo minimamente ipotizzato l’inserimento di questa modalità lavorativa. Imprenditori e lavoratori hanno imparato ad apprezzarne i vantaggi in termini di flessibilità e maggiori possibilità di conciliare vita professionale e non.
Sempre in tema di “flessibilità delle condizioni lavorative”, il trend della «settimana lavorativa corta» sta diventando argomento sempre più discusso e, in alcuni Stati, attuato. L’idea alla base è sostenere il benessere dei dipendenti, a vantaggio della produttività e dei costi aziendali, nonché dell’ambiente.
Microsoft Giappone, già nel 2019, concede ai lavoratori di lavorare quattro giorni su sette, registrando dei risultati sorprendenti: aumento della produttività del 40%, una riduzione dei consumi di energia elettrica di oltre il 20% e di carta di quasi il 60%.
Altri paesi hanno adottato svariate misure per attivare la «mini settimana lavorativa», dalla concentrazione dello stesso programma in quattro giorni (piuttosto che cinque) alla riduzione delle ore lavorative, senza conseguente riduzione della retribuzione.
Basti pensare ai paesi scandinavi, con I‘Islanda che già nel 2015 ha portato la settimana lavorativa da 40 a 35 ore; ma anche Svezia, Norvegia e Danimarca hanno implementato soluzioni di riduzione delle ore lavorative con risultati significativi nell’equilibrio tra vita professionale e privata.
Tra gli altri anche Belgio, Spagna, Portogallo, Scozia, Regno Unito, Emirati Arabi hanno introdotto riforme per sperimentare o facilitare l’adozione da parte delle aziende della «settimana lavorativa da quattro giorni» seguendo il principio del «lavorare meno per lavorare meglio».
In Italia, tutto è fermo a livello di dibattito tra esperti: economisti, consulenti del lavoro, giuslavoristi, specialisti in ambito risorse umane, psicologi del lavoro…
Gli esempi di «mini settimana lavorativa» che possiamo vantare solo legati ad esperienze di singole aziende private, per lo più legate al mondo consulenziale.
D’altro canto siamo consapevoli che il nostro tessuto economico è differente da quello degli altri paesi e che, soprattutto per alcuni settori di business, il passaggio alla «settimana lavorativa corta» implicherebbe delle trasformazioni organizzative (ma non solo!) per nulla trascurabili anche in termini di produttività.
E, allora, cosa possiamo fare nel nostro contesto socio-economico?
Evidenziamo ancora una volta le motivazioni che hanno portato alcune nazioni, europee e non, a fare i primi passi verso questa direzione: più tempo libero da dedicare a sé, famiglia, viaggi, hobby e livelli di produttività che non calano, anzi aumentano; riduzione dello stress e del burnout; minori consumi e minor inquinamento.
Capire che prestare attenzione ai collaboratori e al loro benessere impatta positivamente anche sulla gestione aziendale è già un buon inizio per approcciare correttamente la questione.
Dovremmo tendere, passo dopo passo, verso una nuova cultura aziendale che ponga attenzione a flessibilità, motivazione, coinvolgimento, fiducia, comunicazione interna, clima aziendale, salute fisica e mentale dei lavoratori, che investa in politiche di welfare aziendale orientate a promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei collaboratori. A vantaggio anche della produttività aziendale.
Queste sono le attenzioni, a nostro avviso, per imparare a «lavorare meglio e vivere meglio».
E sono i primi passi per far sì che di trasformazione in trasformazione, da quelle culturali a quelle organizzative, anche il nostro Paese possa tendere a «lavorare meno per lavorare meglio».
E la «settimana lavorativa da 4 giorni» possa diventare realtà (e non solo utopia!) anche per l’Italia.